“Se fosse un musicista, Bruno ci inviterebbe a un concerto di maree, di piogge, di sete fruscianti, di stelle cadenti, di bisbigli.
E ci farebbe riudire voci che ci erano passate accanto mentre stavamo distratti…”
Ernesto Nathan Rogers
Il primo articolo lo dedico ad un inventore ‘moderno’, un artista eclettico legato al mondo dei fanciulli e dei loro giochi, Bruno Munari (Milano, 24 ottobre 1907 – Milano 29 settembre 1998).
Lo scelgo perchè è uno di quei personaggi che ti sembra di conoscere da sempre e per il fatto che non ci sia più… ti manca un pò !
‘Bruno Munari è stato artista, designer, educatore, scrittore. La sua una vitalità straordinaria, alimentata sempre da ironia e curiosità.
Nato a Milano, è stato un grandissimo inventore. Così ci racconta della sua nascita e della sua vita d’artista: «All’improvviso senza che nessuno mi avesse avvertito prima, mi trovai completamente nudo in piena città di Milano, il 24 ottobre 1907.
Mio padre aveva rapporti con le più alte personalità della città essendo stato cameriere al Gambrinus, il grande Caffè Concerto di piazza della Scala, dove si riunivano tutte le persone importanti a bere un tamarindo dopo lo spettacolo.
Mia madre, in conseguenza di ciò, si dava delle arie ricamando ventagli.
A sei anni fui deportato a Badia Polesine, bellissimo paese agricolo dove si coltivavano i bachi da seta e le barbabietole da zucchero. Il caffè veniva dal Brasile, a piedi nudi. Sulla piazza del paese, tutta di marmo rosa, si passeggiava a piedi nudi nelle sere d’estate. Nel caffè niente zucchero. Le vacche erano nel Foro Boario dove improvvisavano ogni mercoledì (mercato) dei cori, non come alla Scala, ma con molto impegno.
Dopo le vacche ho avuto rapporti carnali con l’arte e sono tornato a Milano nel 1929 e un giorno di nebbia ho conosciuto un poeta futurista Escodamè che mi fece il favore di presentarmi a Filippo Tommaso Marinetti e fu così che inventai lemacchine inutili.
E adesso sono ancora qui a Milano dove qualcuno mi chiede se faccio ancora le macchine inutili oppure se sono parente col corridore (che poi era mio nonno, mentre lo zio Vittorio faceva il liutaio e il cuoco.
Scusatemi se lascio la parentesi aperta».
Quando era ragazzino, Munari, cresciuto a Badia Polesine, una piccola cittadina del Veneto, vicino al fiume Adige, trascorreva molte ore accanto alla ‘Macchina galleggiante’ sull’acqua «ad ammirare lo spettacolo continuo dei colori, delle luci, dei movimenti della Grande Ruota».
Osservava la Grande Ruota che dal fiume pescava penne di gallina, pezzi di carta, foglie di alberi, «alghe ed erbe acquatiche verdi come il vetro morbido», in uno scintillio di gocce, con un rumore di pioggia e con un odore misto di farina, acqua, terra e muschio…
Un bambino dunque ‘immerso’ nella natura con tutti i sensi, contemplatore attivo, attento alla natura in movimento, all’azione dell’acqua e dell’aria… suggestioni potenti che saprà poi trasformare in creazioni artistiche e far vedere anche a noi in un altro modo il mondo in cui viviamo.
Anche da quella esperienza di bambino, così come da tutte le altre (pensiamo a quella con gli artisti futuristi: è venuto a Milano perché li voleva incontrare ed ha iniziato a collaborare con loro già negli anni Trenta), Munari, sempre attento, sensibile, ha saputo trarre un insegnamento, quello che lo ha portato a sviluppare la conoscenza plurisensoriale nei bambini.
«Fin da ragazzo – racconta Munari – sono stato uno sperimentatore…, curioso di vedere cosa si poteva fare con una cosa, oltre a quello che si fa normalmente».